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17. Polittico di Perugino

Polittico di Perugino
Luogo di collocazione
Seconda cappella a sinistra
Materia e tecnica
Tavola / pittura a olio; tela/ pittura a olio
Autore
Autori vari
Datazione
1496 - ante 1640
Dimensioni
cm 300 x 210 ca.

Descrizione breve

Autori: Vannucci Pietro detto Perugino (ca.1450/1524): esecutore dello scomparto centrale superiore - Ambrogio da Fossano detto Bergognone (1451-1456/1525): esecutore degli scomparti laterali superiori - Santagostino Giacomo Antonio (1588/1640): esecutore dei tre scomparti inferiori.

Soggetto:Dio Padre (in alto al centro); Dottori della chiesa (in alto ai lati); San Michele Arcangelo (in basso a sinistra); adorazione di Gesù Bambino (in basso al centro); Tobia e San Raffaele arcangelo (in basso a destra).

Personaggi: Dio Padre; quattro Dottori della Chiesa; San Michele arcangelo; Madonna adorante; Gesù Bambino; angeli; Tobia; San Raffaele arcangelo.

L'assetto attuale del polittico, una delle opere più famose della Certosa, è il frutto di numerose e complesse vicende, comprendenti spostamenti e sostituzioni, e si costituisce come una importante testimonianza del gusto diffusosi con l'avvento degli Sforza, che anche nel campo artistico vivevano in continua competizione con gli altri centri signorili come Mantova e Ferrara. Già nel 1493 Ludovico il Moro era alla ricerca dei migliori artisti fiorentini, come Botticelli, Filippino Lippi, Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino, esponenti di spicco dell'arte dell'Italia centrale. Nel 1496 il Moro commissionò al Perugino un polittico per l'altare della seconda cappella a sinistra della Certosa, dedicato a San Michele. I lavori d'esecuzione si prolungarono, tanto che nel 1499 il duca di Milano richiedeva la consegna entro una data certa oppure la restituzione del denaro corrisposto. Il polittico dovette essere terminato e consegnato nei primi anni del Cinquecento (il termine ante quem è forse costituito dalla pala degli Agostiniani di Città di Castello, opera del giovane Raffaello del 1501, il cui frammento con l'Angelo oggi al Louvre riprenderebbe il Tobiolo del Perugino). La struttura si sviluppava su due registri: in alto il Padre Eterno (ancora in loco), in basso le tre tavole con San Michele arcangelo (a sinistra), l'Adorazione del Bambino (al centro) e San Raffaele e Tobiolo (a destra). A distanza di pochi anni, nel 1511 all'Eterno del Perugino vennero affiancate due tavole con Gabriele arcangelo annunciante e la Vergine annunciata, datate e firmate dai fiorentini Mariotto Albertinelli e Fra Bartolomeo. Di questa macchina scenica oggi non rimane in Certosa che il solo Padre Eterno: in seguito alla soppressione dell'ordine certosino nel 1782, le tre tavole inferiori furono destinate all'Accademia di Brera (1784), ma vennero acquistate nel 1786 dal conte Giacomo Melzi d'Eril e finirono nella sua collezione, per essere infine cedute nel 1856 alla National Gallery di Londra, dove si trovano tuttora; le due tavole dell'Annunciazione di Mariotto Albertinelli e Fra Bartolomeo vennero invece trafugate dai francesi nel 1796 e oggi sono conservate al Musée d'Art et d'Histoire di Ginevra. In sostituzione delle tavole disperse, vennero inseriti in alto i due pannelli con i Dottori della Chiesa del Bergognone, realizzati per un altro polittico della Certosa (quello della settima cappella di sinistra, smembrato nel 1617 all'arrivo della pala del Morazzone), mentre i tre scomparti inferiori furono sostituiti da copie su tela seicentesche.
La tavola con il Padre Eterno, ampliata con aggiunte nella parte inferiore e superiore nel momento in cui fu inserita nella cornice di marmo rosa realizzata in occasione del rifacimento dell'altare nel 1650, ripropone una tipologia spesso ripetuta dal Perugino nelle sue opere. Il motivo della mandorla con teste di cherubini e l'impostazione frontale della figura ne accentuano l'effetto bidimensionale. I Dottori (San Gregorio e Sant'Ambrogio a sinistra, Sant'Agostino e San Gerolamo a destra), di una qualità tecnica elevatissima, rivelano la particolare interpretazione bergognonesca della maniera dei fiamminghi e di Antonello da Messina, con una resa minuziosa dei preziosi particolari delle vesti, mentre la ieratica compostezza delle figure appare ancora di stampo foppesco. In origine, i Dottori dovevano essere ritratti a figura intera, vennero tagliati probabilmente in occasione del loro inserimento nel polittico del Perugino. Anche le copie seicentesche del registro inferiore vennero adattate alle dimensioni della cornice marmorea: i margini in eccesso dei dipinti laterali vennero ribattuti sul telaio e, in basso, venne aggiunta una striscia dipinta a finto marmo. Tali copie si discostano in parte dagli originali del Perugino, per la scarsa attenzione alla prospettiva e all'ambientazione paesaggistica (le figure sono quasi immerse nell'oscurità), i passaggi chiaroscurali interpretati alla maniera leonardesca, l'inscurimento dell'armatura di San Michele e delle ali degli angeli e la parziale volgarizzazione della firma ("Pietro Perugino pinsit", al posto di "Petrus Perusinus pinxit" dell'originale). Per quanto riguarda l'attribuzione, gli studiosi si sono concentrati su una nota del priore certosino Matteo Valerio, che scriveva: "Il Sant'Agostino molte copie della Ancona di Pietro Perugino, S. Michele e Tobia a scudi 10 per quadro; copia dell'ancona di Pietro de Perugini in Milano, qual'hora è in capitulo a scudi 25". E' probabile che le copie della Certosa vengano dall'Ospizio di San Michele alla Chiusa a Milano. L'autore era stato tentativamente individuato dalla Fabjan (1986) in Giacinto Santagostino, ma di recente (Trento, 2008) è stato osservato che Giacinto (nato nel 1633) non potrebbe aver dipinto le copie descritte dal Valerio nella prima metà degli anni '40 del Seicento. Si può allora supporre che si tratti di Giacomo Antonio Santagostino (1588-1640).
(E.C.)

Bibliografia

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2011 F. Rinaldi, abstract di "Un'aria angelica et molto dolce". Perugino: dipinti e disegni per la Certosa, conferenza del ciclo Incontri del Mese, Certosa di Pavia, 19 febbraio 2011

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