2 - Studiolo

Le pareti di questo splendido ambiente rinascimentale sono affrescate con un mirabile paesaggio dipinto a trompe-l'oeil, scandito in riquadri da monumentali figure monocrome dalle gambe serpentiformi, dette telamoni. Atteggiati in complesse pose manieristiche, essi sostengono il peso dell'architrave che poggia sopra la loro testa con l’ausilio di cuscini. Quattro coppie di nicchie, dipinte in prossimità degli angoli, accolgono candelabri in finto bronzo dal forte carattere antiquario, recanti targhe con la sigla GRA CAR (Gratiarum Carthusia, "Certosa delle Grazie"). La volta, decorata con spettacolari grottesche dipinte a punta di pennello su fondo bianco, ospita al centro, entro una cornice ellittica, la rappresentazione del Sogno di Costantino. I finti bassorilievi delle lunette narrano storie di re, imperatori e santi, accompagnate da didascalie oggi in parte illeggibili. Il filo rosso che unisce i vari episodi sembra essere il rapporto fra potere politico e vita religiosa, con esempi di superbia punita (come l'imperatore Teodosio umiliato pubblicamente da Sant’Ambrogio) affiancati da esaltazioni dell’umiltà e della vita solitaria.

Nulla di certo è noto riguardo all’autore (o autori) di questo splendido ciclo pittorico. Va probabilmente respinta l’attribuzione a  Giovanni Battista Pozzo, che nel 1580 aveva decorato a grottesche l’oratorio al piano terra della prioria; tali dipinti sembrano infatti di qualità inferiore a quella dello studiolo. Si può ipotizzare che il ciclo sia opera di più artisti, forse attivi in tempi diversi: la differenza di fattura pittorica è evidente se si osserva il particolare con il gigante marmoreo che sorregge il quadretto con l’Adorazione del Bambino, copia del dipinto di Perugino un tempo in Certosa e oggi alla National Gallery di Londra. La finta erma è, infatti, costruita con una pennellata morbida, quasi di ascendenza emiliana, mentre l’immagine della Vergine, forse già presente sulla parete e incastonata nella nuova composizione, è dipinta con un segno più minuto e nervoso, altrettanto raffinato ma decisamente diverso. Il Sogno di Costantino, dallo stile un po’ legnoso e arcaico ma dai lucidi trapassi chiaroscurali, è forse frutto dell’operato di un terzo artista.

Per quanto riguarda le grottesche, la tipologia potrebbe sembrare, in alcuni punti, genericamente affine a certe decorazioni di Aurelio Luini recentemente pubblicate da Morandotti (2005, figg. 40 e 46-55), ma anche ad esempi centroitaliani. Dipinte con pennellata veloce e compendiaria, esse contengono figure di ninfe e satiri, padiglioni di verzura, mascheroni, anfore, sfere armillari e animali europei ed esotici.

Esiste, in ultima analisi, la possibilità che anche l’esecuzione dei paesaggi fosse affidata a uno specialista diverso dagli anonimi autori appena citati, come forse testimonia la fattura rapida e veloce delle poche figure umane che popolano le scene.

 

 

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