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Mappa delle sale

Il Museo della Certosa si estende su due piani, la Galleria di San Bruno al pianterreno, con la Gipsoteca e il primo piano, con l’allestimento storico di Luca Beltrami del 1911, in cui sono esposti numerosi capolavori della scultura rinascimentale lombarda, in marmo e pietra policroma, i quali, oltre al valore artistico, costituiscono anche una documentazione sulla storia della Certosa, sullo sviluppo artistico ed architettonico del monumento.

Museo della Certosa di Pavia. Pianta piano terra. Gipsoteca

  • Gipsoteca: La Gipsoteca è un unicum nel panorama italiano, a imitazione di quella del parigino Trocadero, divenuto poi  le Musée des Monuments francais, ora Palais du Chaillot (riaperto nel 2010) e raccoglie più di 200 calchi di grande e piccola dimensione, mentre il nucleo principale della raccolta è costituito dai calchi dei formatori Pietro ed Edoardo Pierrotti, donati sin dal 1891 alla Certosa, al quale se ne sono aggiunti altri alla fine XIX secolo del formatore Carlo Campi, cui si deve anche il calco dell’originario altare maggiore della Chiesa, oggi a Carpiano, e ancora nuovi calchi eseguiti in occasione del restauro della facciata (1903-1919) e le fotografie del complesso eseguite da Achille Ferrario. Dell’impianto storico del 1911 si è conservata integra la saletta attigua alla galleria, ora intitolata proprio a Beltrami, in cui sono esposti i calchi del monumento funebre di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, collocato nel transetto della chiesa, e quello enorme del portale di Amadeo, in cui è visibile sul retro l’intelaiatura lignea di sostegno. Un calco di altrettanta finezza esecutiva tratto dal cenotafio originale del Solari di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este è ora esposto tra le collezione di gessi del Puskjn Museum di Mosca, a testimonianza delle varie tirature di questo calco, tutte molto rifinite nei dettagli.

Museo della Certosa di Pavia. Pianta primo piano Museo

  • Museo: al primo piano del Museo si è riusciti a conservare in gran parte l’allestimento storico di Luca Beltrami del 1911, salvo alcuni adeguamenti d’obbligo, e si può percepire la bellissima sequenza di porte in legno di noce, le vetrine che conservano i paramenti sacri, progettati sempre dall’architetto milanese, e simili a quelle realizzate per il Castello Sforzesco di Milano, le mensole in marmo rosa sulle quali sono esposti numerosi capolavori della scultura rinascimentale lombarda, in marmo e pietra policroma, i quali oltre al valore artistico, costituiscono anche una documentazione sulla storia della Certosa, sullo sviluppo artistico ed architettonico del monumento. Nella prima sala della scultura, a destra dell’ingresso, sono esposte: la splendida Flagellazione, attribuita a Giovanni Antonio Amadeo, i riquadri in marmo policromo con l’Orazione di Cristo nell’Orto, e il Cristo portacroce di Antonio Mantegazza, una straordinaria Crocefissione in marmo con fondo policromo, di scultore lombardo intorno al 1460-70, che deriva da un niello di Maso da Finiguerra, conservato al Museo del Bargello di Firenze, tutte opere di recente restaurate, e di cui si è recuperata la rara policromia e la foglia d’oro in alcuni dettagli. Inoltre nelle altre sale sono esposti dipinti murali staccati sin dal XIX secolo di Bernardino de’Rossi, provenienti dalle celle dei monaci, dipinti su tela di Moncalvo, Vincenzo Campi, Vermiglio, la splendida replica del Pozzobonelli dall’Ecce Homo del Bramantino, ora alla Collezione Thyssen di Madrid; e nell’ultima sala i capolavori su tavola, come la splendida Pala di Bartolomeo Montagna, datata 1490 e proveniente dalla Cappella di San Giovanni Battista, gli Angeli oranti di Ambrogio Bergognone, Sant’Ambrogio e San Martino di Bernardino Luini e le copie tardo seicentesche di Giacomo Antonio Santagostino. Sempre al primo piano è visitabile uno straordinario studiolo databile alla seconda metà del XVI secolo, affrescato con grottesche, telamoni, storie di re e Imperatori, mentre la volta con le raffinate grottesche dipinte a secco su sfondo bianco ospita al centro di una cornice ellittica, la rappresentazione del Sogno di Costantino. Nel cosiddetto Oratorio o Cappella, la volta affrescata da Giovanni Mauro della Rovere, detto il Fiammenghino (ca 1630-35) raffigura al centro di raffinate quadrature prospettiche, la Gloria di San Bruno e sulle balconate illusionistiche, figure di Sibille e raffigurazioni delle Virtù teologali e cardinali.